Capitolo 12: Sospetti e Solitudine
La mattina si era trasformata in un pomeriggio soffocante quando finalmente gli agenti conclusero i loro rilievi nell’appartamento di Luca. Si mossero con meticolosità professionale, toccando ogni angolo dell’appartamento con guanti bianchi e scrutando ogni dettaglio con occhi esperti. Il loro andirivieni aveva reso l’atmosfera ancora più tesa, un silenzio gravido di domande non pronunciate.

“Sembra che sia stato usato un gas soporifero, spesso impiegato in furti in abitazioni,” disse l’agente più anziano, Simone, un uomo dai capelli grigi tagliati corti e dal volto segnato dalle esperienze, annotando qualcosa su un taccuino logoro. “Ma è strano, non ci sono segni di scasso. È come se l’intruso fosse entrato e uscito senza lasciare traccia.”
Luca, in piedi, le braccia conserte, sentiva un groppo in gola. “Come è possibile? La porta era chiusa a chiave, le finestre tutte serrate,” disse, la voce carica di incredulità e frustrazione.
L’agente lo fissò con uno sguardo penetrante. “Questo è ciò che rende il caso insolito. In genere, i ladri lasciano qualche segno del loro passaggio. Ma qui… nulla. È come se avessero le chiavi o… ” la sua voce si spense, lasciando in sospeso un’ipotesi che sembrava troppo bizzarra per essere presa in considerazione.
Un altro agente, più giovane, con un’espressione seria e concentrata, si unì alla conversazione. “Abbiamo raccolto delle impronte e faremo delle analisi. Ma, a essere onesti, sembra quasi un lavoro interno. Qualcuno che conosceva bene l’appartamento.”
Luca scosse la testa, sentendo un misto di rabbia e confusione. “Non posso credere che qualcuno che conosco farebbe una cosa del genere,” ribatté, ma nel profondo una voce sottile iniziava a insinuare il dubbio.
L’agente anziano chiuse il taccuino e si avvicinò a Luca. “Capisco che sia difficile accettarlo, ma dobbiamo considerare tutte le possibilità. Avete notato qualcosa di insolito negli ultimi giorni? Qualcuno che vi osserva, comportamenti strani nei dintorni?”
Luca rifletté per un momento, ma niente gli veniva in mente. “No, niente di particolare. La solita routine. Ma… Alex, l’ex di Sofia, sembra non aver digerito la nostra relazione e l’altra sera.. Sofia mi ha raccontato che è andato da lei molto turbato.”
L’agente annuì, prendendo nota. “Parleremo anche con lui. È importante esaminare ogni pista.”
“Sì, vi prego, fate tutto il possibile,” implorò Luca, la voce spezzata dall’ansia e dal desiderio di trovare risposte.
Luca, in piedi accanto a Sofia, sentì un brivido percorrergli la schiena. L’idea di essere stato addormentato nel suo stesso appartamento senza poter fare nulla lo riempiva di un senso di vulnerabilità che non aveva mai provato prima.
“Dovrete stare attenti,” proseguì l’agente, chiudendo il taccuino con un gesto deciso. “Vi contatteremo non appena avremo novità. Per ora, cercate di riposarvi.”
Non appena gli agenti se ne andarono, Sofia, che fino ad allora era stata una presenza rassicurante e confortante al fianco di Luca, fece un passo indietro, incrociando le braccia come per proteggersi da una realtà improvvisamente troppo fredda e minacciosa. “Devo andare, Luca,” disse, con un tono che tentava inutilmente di essere leggero. “Ci sono alcune cose urgenti che devo sistemare. Mi dispiace davvero.”
Luca, ancora scosso dal colloquio con gli agenti, la guardò con occhi incerti. “Sofia, sei sicura? In un momento come questo…” la sua voce si perse in una domanda inespressa, un invito a rimanere che non riusciva a formulare.
Sofia lo guardò con uno sguardo che oscillava tra affetto e tormento. “Luca, lo so, non è il momento migliore. Ma è qualcosa che non può aspettare. E poi, penso che tu abbia bisogno di un po’ di tempo per… riflettere. Da solo.”
La risposta di Luca fu un misto di comprensione e delusione. “Capisco. Ma… sei sicura che va tutto bene ? Non è che… questo… questo intruso, o chiunque sia, ti preoccupa anche per te ?”
Un’ombra di preoccupazione attraversò il viso di Sofia. “No, no, non è quello,” disse rapidamente, quasi troppo in fretta. “È solo che… c’è un problema in famiglia che devo affrontare. Qualcosa che non posso ignorare.”
Luca annuì lentamente, cercando di nascondere la sua crescente sensazione di isolamento. “Va bene. Se hai bisogno di parlare, o di qualsiasi cosa, sai dove trovarmi.”
Sofia, presa la borsa, si avvicinò a Luca, posandogli una mano sulla spalla in un gesto di affetto. “Grazie, Luca. E… mi dispiace per tutto questo. Spero che la polizia riesca a chiarire le cose presto.”
Con un ultimo sguardo, Sofia si allontanò, lasciando Luca immerso nel silenzio del suo appartamento. La porta si chiuse delicatamente alle sue spalle.
Rimasto solo, si diresse verso il salotto. Si sedette sul divano, cercando di ricostruire nella sua mente la catena di eventi. La serata trascorsa con Sofia, la sensazione di benessere, poi il risveglio nel caos. Il disordine, le cose mancanti, la sensazione di essere stato violato nella sua intimità.
I suoi pensieri si concentrarono su Alex, l’ex ragazzo di Sofia. Luca aveva sempre avuto un vago sospetto su di lui, una sorta di intuizione che gli suggeriva che Alex non avesse mai del tutto accettato la fine della loro relazione. “Potrebbe essere lui?” si chiese Luca, mentre un groviglio di dubbi e congetture si formava nella sua mente.
Rimuginando su questa possibilità, Luca si alzò e iniziò a passeggiare nervosamente per l’appartamento. Ogni passo sembrava risuonare in quella casa ora priva di sicurezza, ogni angolo sembrava nascondere segreti inquietanti. L’atmosfera era cambiata: le pareti familiari ora sembravano osservarlo con occhi estranei, e ogni piccolo rumore lo faceva sobbalzare.
Si fermò davanti alla finestra, guardando fuori verso la strada affollata. Le persone camminavano indaffarate, immerse nelle loro vite, ignare del dramma che si stava consumando in quell’appartamento al secondo piano. “Come posso essere così vulnerabile, così esposto?” pensò Luca, con una sensazione di impotenza che lo opprimeva.
La luce del pomeriggio iniziava a sfumare in una morbida tonalità aranciata, annunciando l’arrivo della sera. Luca rimase lì, in piedi, per un tempo indefinito, perso nei suoi pensieri, cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle che sembrava sempre più complesso.
Infine, decise di agire. Prese il telefono e compose un numero. La voce dall’altra parte rispose dopo pochi squilli. “Pronto, Alex? Sono Luca. Dobbiamo parlare.”
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Capitolo 13 : incroci Pericolosi
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