18. Qual è stata la decisione più difficile che tu abbia mai dovuto prendere?

Capitolo 18: Vecchio Amico

La sveglia dell’iPhone di Luca suonò alle 7:30, strappandolo bruscamente dai residui di un sogno che sembrava così reale da poter quasi toccare i suoi contorni. I suoi occhi si aprirono lentamente, come se lottassero contro la gravità del sonno, e il ricordo della notte trascorsa con Sofia era ancora vivido nella sua mente. Una notte di conversazioni sussurrate e risate soffuse, dove il tempo sembrava essersi fermato per loro. Ma ora, mentre la realtà si insinuava nella sua coscienza, una nota stonata iniziava a suonare. Il letto accanto a lui era vuoto, le coperte fredde e inesplorate, come la superficie di un pianeta sconosciuto.

Sofia non c’era.

Confuso e ancora intrappolato nei fili del sonno, Luca si alzò, avvolgendosi in un accappatoio che portava il vago profumo di lavanda. La casa era avvolta in un silenzio spettrale, un silenzio che pesava come una presenza invisibile, quasi tangibile. Con un senso di crescente ansia, un groviglio di pensieri e domande si insinuò nella sua mente, attraversò il corridoio fino alla cucina, come se ogni passo lo portasse più vicino a una verità indesiderata. Sperava di trovare Sofia lì, magari intenta a preparare il caffè, con un sorriso che avrebbe sciolto tutte le sue paure. Ma la cucina era vuota, immobile e silenziosa come una fotografia.

Luca, con il cuore che batteva un ritmo incerto e carico di ansia, iniziò a cercare in tutto l’appartamento. Ogni stanza esplorata aggiungeva un peso alla sua preoccupazione crescente. La camera da letto, con le sue pareti familiari e le foto di momenti felici, era silenziosa e immobile. Il bagno, ancora umido dai vapori della sera precedente, non offriva alcun indizio. Attraversò il soggiorno, dove i cuscini sul divano erano sparsi come i pezzi di un puzzle incompleto, testimoni muti di una serata trascorsa tra risate e confidenze.

La sensazione di vuoto si faceva sempre più forte, come se ogni angolo dell’appartamento sussurrasse la stessa verità inascoltata. Con ogni passo, il puzzle di quella mattina diventava più intricato, più difficile da comprendere. Non c’erano segni di lotta, né messaggi lasciati in giro, solo il silenzio che si faceva sempre più assordante.

Dopo aver esplorato ogni stanza, Luca tornò in cucina, un luogo che fino a poche ore prima era stato pieno di calore e risate. Fu allora che i suoi occhi caddero sul tavolo, dove un biglietto giaceva quasi nascosto tra le pieghe di una tovaglietta. Con mani leggermente tremanti, lo afferrò, sentendo il peso di ogni parola non ancora letta. Il suo cuore, che fino a quel momento aveva battuto forte nella speranza e nell’ansia, ora sembrava fermarsi, come se l’universo intero fosse in attesa del suo prossimo respiro. Era come se tutto si fosse fermato in quel momento, sospeso in un limbo di attesa e timore.

Le mani di Luca tremavano mentre apriva il biglietto. Le parole di Sofia erano chiare e dirette: “Non sono pronta per questo. Non posso passare più tempo con te. Mi dispiace, ma è meglio se non ci vediamo più.” La scrittura era ferma, ma c’era un’urgenza sottostante, un tono di definitività che lasciava poco spazio a dubbi o speranze.

Luca sentì un nodo in gola. Era come se il calore e la vicinanza della notte prima fossero stati solo un’illusione, un sogno svanito alla luce del giorno. Seduto al tavolo della cucina, cercò di metabolizzare il cambiamento improvviso, la svolta inaspettata che la loro storia aveva preso.

Cercando di scuotersi, si preparò una colazione semplice: caffè e fette biscottate con la marmellata di fichi della Zuegg. Ogni morso era insapore, ogni sorso di caffè era amaro. La delusione e la confusione erano compagni silenziosi al suo tavolo.

Dopo la colazione, si trascinò in bagno, si vestì, i suoi movimenti privi della solita energia. Uscì di casa, la mente ancora annebbiata dal turbamento. La strada verso il lavoro era un susseguirsi di immagini sfocate, pensieri e domande senza risposta che ronzavano nella sua testa.

Sofia aveva fatto sparire ogni traccia di sé, lasciando solo quel biglietto, un messaggio freddo che contrastava con il calore della loro notte insieme. Luca si chiedeva cosa avesse spinto Sofia a prendere una decisione così drastica, cosa nascondesse dietro quelle parole scritte di fretta.

Mentre camminava verso il lavoro, Luca capì che quel giorno sarebbe stato lungo e difficile. L’assenza di Sofia, il vuoto lasciato dal suo improvviso addio, erano un peso che lo avrebbe accompagnato in ogni momento. Doveva trovare un modo per affrontare questa nuova realtà, per capire cosa fosse realmente successo. Ma, per ora, tutto ciò che poteva fare era continuare a camminare, un passo dopo l’altro, nel tentativo di lasciarsi alle spalle il dolore di un amore perduto.

Il lavoro alle onoranze funebri quella mattina sembrava a Luca più macabro del solito. L’edificio era silenzioso, un silenzio interrotto solo dal tintinnio delle chiavi mentre apriva la porta dell’ufficio. La segretaria all entrata lo salutò con un cenno del capo, un gesto familiare che però non riuscì a scuotere Luca dal suo stato di torpore emotivo.

Luca entrò nella stanza di preparazione delle onoranze funebri con un peso sul cuore. Sul tavolo di imbalsamazione giaceva Cristiano, un volto familiare, un amico di vecchia data che aveva conosciuto nei turni notturni alla AIA, dove molto tempo prima lavoravano insieme alla produzione di scatole di plastica per uova. Ricordava con affetto le sere passate al bar del paese, dove si ritrovavano per una birra, condividendo storie e risate.

Indossando il camice e i guanti, Luca si avvicinò al tavolo, il cuore colmo di un misto di tristezza e nostalgia. “Ehi, Cristiano” iniziò Luca, la sua voce era bassa, carica di emozione. “Non avrei mai pensato di vederti qui, in questo modo.”

Si fermò un attimo, raccogliendo i pensieri. “Sai, ho bisogno di un consiglio. Sofia se n’è andata. Ha lasciato solo un biglietto, senza spiegazioni. Non so cosa fare.”

Procedendo con il suo lavoro, Luca immaginava Cristiano seduto di fronte a lui al bar, con una birra in mano e quel suo sorriso schietto. “Te lo ricordi, vero ? Parlavamo sempre di donne. Dicevi che ero un pazzo a rimanere sempre single e a non cercare l’anima gemella.”

Luca sospirò, continuando a parlare come se Cristiano potesse ancora ascoltarlo. “Ma ora… ora mi sento perso. Mi chiedo se avrei dovuto fare qualcosa di diverso, se avrei potuto evitare tutto questo.”

Il silenzio riempiva la stanza, ma per Luca era come se Cristiano fosse lì con lui, ascoltandolo con quella sua abituale pazienza. “Tu eri sempre il razionale tra noi due, sempre con i piedi per terra. Che consiglio mi avresti dato ?”

L’immagine di Cristiano seduto al bar, con una birra in mano e un sorriso incoraggiante, gli dava un senso di conforto. “Forse mi diresti di lasciarla andare, di andare avanti. O forse di lottare per lei, di non arrendermi.”

Concluse il suo lavoro in silenzio, sentendo un leggero sollievo. Anche se Cristiano non poteva rispondergli, quel dialogo immaginario aveva dato a Luca la sensazione di aver condiviso il suo fardello con un amico, un amico che, nonostante non fosse più tra loro, sembrava ancora offrirgli sostegno e conforto.

Uscendo dalla stanza di preparazione, Luca sentì una nuova determinazione dentro di sé. Aveva ancora molte domande e dubbi, ma ora sentiva di avere la forza di affrontare il giorno, portando con sé il ricordo e la saggezza di un vecchio amico.

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CAPITOLO 19: Whisky 

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