CAPITOLO 23: Eco nel Bosco
La macchina di Luca si fermò con un leggero rombo, i fari spegnendosi lasciarono i due occupanti avvolti nell’oscurità del bosco della Mesola. La signora Reggiani, con un sospiro di determinazione, fu la prima a scendere dalla macchina, seguita da Luca, che rapidamente attivò la torcia del suo iphone.

Il sentiero che si snodava davanti a Luca e alla signora Reggiani era una stretta traccia serpeggiante fra gli alberi antichi del bosco della Mesola, i cui tronchi nodosi sembravano custodi di un tempo dimenticato. Le loro radici sporgevano come dita ossute dal terreno morbido, coperto di un tappeto di foglie morte che ammortiva ogni loro passo. I rami alti tessuti insieme formavano un tetto naturale, da cui pendevano le ombre e i sussurri del vento, creando un’atmosfera quasi sacrale.
La luce della torcia di Luca illuminava il cammino, ma i coni di luce non riuscivano a penetrare completamente il buio denso del bosco. Ogni tanto, un animale notturno attraversava il loro percorso, il suo passaggio veloce solo un’ombra fuggente nel raggio della torcia.
“Signora Reggiani, è sicura che questo sia il sentiero giusto ?” chiese Luca, la sua voce carica di ansia.
“Sì. Sofia ha descritto questo posto dove veniva con il padre piu volte a casa… ha parlato di un sentiero nascosto, quasi segreto” rispose la signora Reggiani, cercando di mantenere un tono rassicurante.
Si guardava intorno, ogni fruscio del bosco sembrava amplificare la sua ansia. “Tutto questo… è così… inquietante. Non sembra il tipo di posto che Sofia…”
Luca la interruppe dolcemente, “Sofia ha sempre avuto un’anima avventurosa, signora. Forse cercava rifugio qui, lontano da tutto.”
Continuarono a camminare, il sentiero diventava sempre più stretto, costringendoli a procedere in fila indiana. Le radici affioranti e i rami bassi rendevano il cammino un percorso di ostacoli, ogni passo un calcolo per evitare di inciampare.
Dopo una camminata che sembrava interminabile, arrivarono finalmente al rifugio. Era una struttura di legno grigio e decrepito, i suoi muri ricoperti di muschio e rampicanti. La porta era storta sulle cerniere, come se fosse stata aperta e chiusa troppe volte.
Luca si fermò di fronte alla porta, il cuore che batteva forte nel petto. “Sofia, sei qui ?” chiamò, ma l’unico riscontro fu il silenzio che sembrava avvolgere il rifugio come un manto.
La signora Reggiani dietro di lui, guardandosi intorno con occhi pieni di speranza e paura. “Sofia…” sussurrò, ma la sua voce si perse nel silenzio.
Mentre si guardavano intorno, il senso di delusione e disperazione crebbe in loro.
Il rifugio, celato tra gli alberi centenari del bosco della Mesola, appariva come un ricordo sbiadito del tempo. La struttura in legno, consumata dagli anni e intrecciata con la vegetazione rampicante, sembrava quasi farsi parte del paesaggio naturale. Muschio e licheni ricoprivano le assi di legno, mentre i rami degli alberi si intrecciavano sopra il tetto, creando un manto di foglie che filtrava la luce lunare. Un’atmosfera di suspense avvolgeva il luogo, come se ogni angolo potesse nascondere un segreto.
Luca, con la torcia in mano, si avvicinò alla porta del rifugio. Il legno cigolava sotto i suoi passi, e un senso di inquietudine lo pervase mentre alzava la mano per aprire la porta, ormai storta e consumata dal tempo. “Sofia!” chiamò, la sua voce vibrante che tagliava il silenzio della notte. Ma l’unica risposta fu l’eco del suo grido che si perdeva tra gli alberi.
Entrando con cautela, Luca scrutò l’interno del rifugio. La luce della torcia rivelò una stanza che sembrava un reliquiario del passato. Su una parete, una serie di fotografie sbiadite attirò la sua attenzione: erano immagini di Sofia da bambina, alcune con suo padre e altre con la sua famiglia. Le foto, impolverate e sbiadite, erano come finestre su un tempo felice e ormai lontano.
Il divano, logoro e coperto di polvere, giaceva in un angolo, quasi completamente divorato dal tempo. Un camino freddo e pieno di cenere occupava un’altra parete, le sue pietre nere come se avessero custodito il calore di molti inverni passati. Sopra il camino, una foto più grande mostrava Sofia con un sorriso radioso, gli occhi pieni di vita e di speranza.
Luca sentì un brivido lungo la schiena mentre osservava le foto. La signora Reggiani, entrata dietro di lui, si avvicinò alle immagini, i suoi occhi lucidi di lacrime. “Sofia…” sussurrò, la sua voce rotta dal dolore. Toccò una delle foto, come per stabilire un contatto con la figlia lontana.
Dopo alcuni minuti di silenziosa osservazione, Luca si voltò verso la signora Reggiani. “Non è qui,” disse, la voce carica di delusione. “Ma queste foto… ci devono essere delle ragioni per cui sono qui.”
La signora Reggiani annuì, gli occhi ancora fissi sulle immagini di sua figlia. “Questo posto… era speciale per lei e per suo padre. Forse è un indizio, forse ci sta dicendo qualcosa.”
Luca, con la torcia stretta in mano, iniziò a esaminare l’interno del rifugio con maggiore attenzione. Ogni angolo della stanza, ogni fessura tra le assi di legno logore, veniva scrutato nella speranza di trovare qualche indizio di Sofia. La luce della torcia si posava su oggetti abbandonati: una tazza rotta, un vecchio cappotto impolverato appeso a un chiodo, libri con le pagine ingiallite.
“Guarda qui” disse Luca, indicando una piccola mensola sopra il camino. C’erano alcuni oggetti personali: una collana con un ciondolo, una vecchia macchina fotografica, e un diario con la copertina consumata. “Potrebbero appartenere a Sofia ?”
La signora Reggiani si avvicinò, guardando gli oggetti. “Sì, questa collana era di Sofia, l’ha avuta per il suo diciassettesimo compleanno” disse, la voce tremante.
Mentre si muovevano nel piccolo spazio, Luca notò tracce di passaggi recenti: impronte sulla polvere, un bicchiere sulla tavola che sembrava meno impolverato degli altri oggetti. “Qualcuno è stato qui di recente” osservò, guardando la signora Reggiani. “Potrebbe essere stata Sofia.”
La donna annuì, esaminando i dintorni con uno sguardo più speranzoso. “Dobbiamo cercare meglio, Luca. Ci deve essere un altro indizio, qualcosa che ci dice dove è andata.”
Esaminarono ogni parte del rifugio: sotto il divano, dietro i libri, nelle fessure tra le assi di legno. Ma non trovarono nulla che potesse indicare chiaramente la presenza di Sofia o il suo possibile percorso.
“Non c’è nulla qui che ci possa aiutare” concluse Luca, un velo di frustrazione nella sua voce. “Sembra che sia stata qui, ma non sappiamo quando, né dove sia andata.”
La signora Reggiani, guardando ancora una volta le foto di Sofia sul muro, sospirò. “Questo posto era importante per lei… ma ora sembra solo un altro capitolo chiuso nella sua vita.”
Con un senso di vuoto crescente, si diressero verso l’uscita del rifugio. La notte li avvolgeva ancora, i suoni del bosco risuonando come una sinfonia oscura intorno a loro. Mentre si allontanavano dal rifugio, entrambi sapevano che la loro ricerca non era ancora finita. Dovevano trovare Sofia, ovunque fosse, e il bosco della Mesola sembrava nascondere ancora molti segreti nelle sue ombre.
Mentre Luca e la signora Reggiani si incamminavano lungo il sentiero che li riportava alla macchina, l’atmosfera del bosco sembrava cambiare, diventando più densa, quasi palpabile. I suoni notturni erano ora più intensi, e un leggero fruscio, quasi impercettibile, li fece fermare di colpo.
Luca, con un gesto rapido, puntò la torcia nel buio. La luce si frantumava tra i rami, creando giochi di ombre che danzavano sul terreno. Ma non c’era nulla, solo gli alberi che ondeggiano lentamente con il vento. Tuttavia, un brivido gli percorse la schiena, una sensazione inquietante, come se occhi invisibili li stessero osservando dall’oscurità.
“Luca, hai sentito anche tu?” chiese la signora Reggiani, la sua voce un sussurro carico di tensione.
“Sì, ma non vedo nulla. Potrebbe essere solo un animale,” rispose Luca, cercando di nascondere la propria apprensione.
Ripresero a camminare, ma il senso di essere osservati rimaneva, un’ombra invisibile che sembrava seguirli. Ogni tanto, Luca si voltava indietro, illuminando il sentiero alle loro spalle, ma non c’era mai nulla di più che la notte e i suoi misteri.
Arrivati alla macchina, Luca aprì la porta per la signora Reggiani, dando un’ultima occhiata al bosco. Nell’oscurità, una figura rimaneva immobile, i suoi occhi un luccichio appena percettibile, fissi sulla loro partenza. Era un’ombra tra le ombre, una presenza che non si materializzava, un segreto ancora non rivelato nel cuore oscuro del bosco della Mesola.
Mentre si allontanavano, la figura svanì nel buio, come se non fosse mai stata lì.
Un po come Sofia.
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luca