Capitolo 26: l’ombra di Alex
La notte si addensava intorno a loro mentre l’auto di Luca serpeggiava attraverso le strade deserte, diretta all’Ex Grosoli. La voce del navigatore di Google Maps era l’unico suono nell’abitacolo, oltre al battito accelerato dei loro cuori. La signora Reggiani fissava il vuoto davanti a sé, le sue mani strette sulle ginocchia.

“Arriverete a destinazione in 10 minuti,” annunciò la voce elettronica, mentre le luci della città iniziavano a sfumare alle loro spalle, lasciando posto a un’area più isolata e buia.
“Luca, sei sicuro di questo?” chiese la signora Reggiani, la sua voce un filo nel silenzio. “Quell’uomo, Alex… Non sappiamo cosa ci aspetta.”
Luca, con lo sguardo fisso sulla strada, rispose con fermezza, “Dobbiamo rischiare. Per Sofia. Se c’è anche la più piccola possibilità di trovarla, dobbiamo tentare.”
L’auto svoltò in una strada laterale, portandoli verso un’area industriale desolata. Edifici abbandonati e strutture in rovina si stagliavano contro il cielo notturno, come scheletri di un passato dimenticato.
“Arrivati a destinazione,” annunciò il navigatore. Luca parcheggiò l’auto in una zona nascosta, spegnendo il motore. L’oscurità li avvolgeva, spezzata solo dai fasci di luce della torcia che Luca aveva estratto dal cruscotto.
Insieme, si avviarono verso il complesso dell’Ex Grosoli. L’atmosfera era opprimente, il silenzio rotto solo dai loro passi cauti sul terreno ghiaioso. Ogni tanto, un rumore improvviso, come il fruscio di un animale o il tintinnio di un pezzo di metallo, li faceva sobbalzare.
“Luca, aspetta,” sussurrò la signora Reggiani, fermandosi di colpo. “Hai sentito?”
Luca si fermò, tendendo l’orecchio. “Che cosa?”
“Qualcuno… C’è qualcuno qui,” bisbigliò lei, la paura evidente nella sua voce.
Luca puntò la torcia verso un cumulo di detriti vicino a un capannone. Per un istante, pensò di aver visto un’ombra muoversi. “Chi c’è là?” chiamò, la sua voce ferma ma carica di tensione.
Nessuna risposta. Solo il vento che sibilava tra le strutture abbandonate. Ripresero a camminare, ogni passo un’incognita.
Si avvicinarono a un edificio che sembrava essere il cuore dell’area industriale. Le porte erano spalancate, invitandoli in un buio che sembrava inghiottire ogni luce.
“Stiamo attenti,” sussurrò Luca, mentre entravano.
L’interno era vasto, con macchinari arrugginiti e catene penzolanti dal soffitto. La luce della torcia di Luca danzava sulle pareti, creando ombre inquietanti. Mentre si addentravano nell’edificio, il senso di pericolo cresceva.
“Sofia!” chiamò Luca, la sua voce echeggiando tra le pareti. Nessuna risposta.
Continuarono a muoversi tra le ombre, cercando qualsiasi segno di Sofia o di Alex. La tensione era palpabile, ogni rumore un potenziale allarme.
Poi, improvvisamente, una figura emerse dall’ombra. Era una figura strana coperta da un cappuccio, era sicuramente Alex anche se il suo volto da quella distanza e con quella luce era un enigma nel chiaroscuro.
La sua voce robotica, “Siete venuti,” disse, con una tonalità fredda e calcolatrice. “Ma forse è già troppo tardi.”
“Che cosa vuoi dire?” chiese Luca, avvicinandosi con cautela.
Alex sorrise, un ghigno che non prometteva nulla di buono. “Sofia è qui, ma il gioco è appena iniziato. Se volete trovarla, dovrete giocare secondo le mie regole.”
Il cuore di Luca batteva all’impazzata. Doveva decidere il prossimo passo, con la vita di Sofia in bilico. In quel momento, sapeva che ogni scelta avrebbe potuto avere conseguenze irreversibili.
l sorriso di Alex era un presagio oscuro nell’oscurità dell’Ex Grosoli. “Le tue regole?” chiese Luca, stringendo più forte la torcia.
“Sì, le mie regole” rispose Alex con voce gelida. “Sofia è qui, ma per trovarla, dovrai seguire i miei indizi. Ogni passo falso potrebbe costarle caro. “
La signora Reggiani, tremante ma risoluta, intervenne. “Perché fai questo? Cosa vuoi da noi?”
Alex li guardò entrambi, il suo sguardo freddo e calcolatore. “Non è ciò che voglio da voi, ma ciò che Sofia significa per me. E ora, il suo destino è nelle vostre mani.”
Luca e la signora Reggiani si scambiarono uno sguardo perplesso. “Che cosa significa?” chiese la donna, la sua voce tremante.
Luca sentì montare in sé una rabbia fredda. Le parole di Alex risuonavano nella sua mente come una sfida, ma Luca sapeva che doveva mantenere la calma. Guardò intorno, i suoi occhi scrutando l’ambiente buio e desolato dell’Ex Grosoli.
Fu allora che i suoi occhi si posarono su un grosso bullone arrugginito sul pavimento, abbandonato tra i detriti. Con un movimento rapido, lo raccolse, il peso del metallo freddo e solido nella sua mano.
“Luca, cosa fai?” chiese la signora Reggiani, la sua voce tremante.
Luca non rispose. Con uno sguardo deciso, si girò verso Alex, che li osservava con un’espressione di superiorità. Il suo ghigno malvagio sembrava prendersi gioco della loro disperazione.
Senza un’altra parola, Luca lanciò il bullone con tutta la forza che aveva. Volò nell’aria, un lampo di metallo che fendeva l’oscurità, e colpì Alex in pieno petto. L’impatto fu forte, e Alex emise un grido di sorpresa e dolore, indietreggiando di alcuni passi.
“Corri ! ” urlò Luca alla signora Reggiani.
Alex, colto di sorpresa dal contrattacco improvviso, voltò rapidamente le spalle e scappò tra le ombre dell’edificio, scomparendo nella penombra. Luca e la signora Reggiani lo guardarono fuggire, ma sapevano che non c’era tempo da perdere.
“Ora dobbiamo trovare Sofia” disse Luca, la sua voce carica di determinazione.
Insieme, iniziarono a cercare Sofia minuziosamente per la fabbrica abbandonata. Ogni stanza, ogni angolo buio veniva esplorato con la luce della torcia. La tensione era palpabile, mentre avanzavano tra macchinari arrugginiti e corridoi desolati.
“Qui, guarda!” esclamò la signora Reggiani, indicando una porta semiaperta in fondo a un corridoio.
Si avvicinarono cautamente, il cuore di Luca che batteva all’impazzata. Aprendo la porta, trovarono un’altra stanza buia, con cumuli di scatole e attrezzature sparse ovunque.
“Sofia!” chiamò Luca, la sua voce risuonando contro i muri di cemento. Non c’era risposta, solo l’eco della sua voce che tornava indietro.
Continuarono a cercare, spostando scatole e ispezionando ogni possibile nascondiglio. Il tempo sembrava sospeso, ogni secondo un’eternità, mentre cercavano disperatamente un segno di Sofia.
“Deve essere qui da qualche parte,” sussurrò Luca, i suoi occhi scrutando l’oscurità, sperando contro ogni speranza di trovare Sofia sana e salva.
Senza perdere altro tempo, si incamminarono, seguendo la luce della torcia di Luca attraverso i corridoi bui e polverosi dell’edificio. Ogni passo risuonava nel silenzio, e il rumore di un vecchio impianto meccanico in lontananza sembrava essere la loro guida.
Dopo minuti di ricerca frenetica, arrivarono davanti ad un grande magazzino, le sue porte di metallo pesantemente chiuse. “Qui dentro,” sussurrò Luca, notando un debole bagliore di luce che filtrava da sotto la porta.
Si avvicinarono alla porta, la luce della torcia rivelando una pesante catena che la sigillava. Luca tirò e strattonò la catena, ma era inutile; la porta era saldamente chiusa.
“Non possiamo entrare da qui,” disse, frustrato.
La signora Reggiani guardò intorno. “C’è una finestra lì in alto. Forse riesci a vedere qualcosa.”
Luca puntò la torcia verso la finestra, troppo alta per essere raggiunta facilmente. “Proverò a salire su quel bidone per avere una visuale migliore.”
Con attenzione, si arrampicò sul bidone metallico e cercò di guardare attraverso la finestra sporca. La luce della torcia penetrò appena l’interno del magazzino, rivelando solo frammenti di ombre e contorni indefiniti. “Non riesco a vedere nulla di chiaro,” ammise deluso, scendendo.
“Che facciamo ora?” chiese la signora Reggiani, guardandosi attorno nervosamente.
Luca prese un respiro profondo, cercando di calmare la sua ansia. “Dobbiamo chiamare la polizia. Non possiamo fare altro da soli.”
Estrasse il telefono dal jeans e compose il numero. Mentre aspettava che rispondessero, la signora Reggiani si avvicinò a lui, la sua espressione tesa.
Luca compose il numero di emergenza, il suo respiro affannoso nel silenzio della notte. Dopo un breve attimo di attesa, una voce rispose dall’altro capo della linea.
“Pronto, emergenze 112, come posso aiutarla?” chiese una voce calma.
“Salve, mi chiamo Luca. Sono all’Ex Grosoli e abbiamo un’emergenza,” iniziò cercando di mantenere la voce ferma. “Siamo qui perché stiamo cercando Sofia Reggiani, una ragazza scomparsa, e crediamo che l’ex ragazzo di Sofia, Alex, l’abbia sequestrata. Abbiamo motivo di pensare che entrambi si trovino qui, in un magazzino, ma la porta è chiusa e incatenata.”
“Capisco. Mi può fornire ulteriori dettagli ? Lei è solo ?”
“No, sono qui con la madre di Sofia, la signora Reggiani. Siamo al sicuro per ora, ma siamo preoccupati per Sofia e per la situazione in generale.”
“Va bene, signor Luca. Sto inviando immediatamente una squadra di polizia sul posto. Mi può dire esattamente dove vi trovate ?”
“Si, siamo nel parcheggio vicino all’entrata principale del complesso Ex Grosoli. C’è un grande magazzino con una porta incatenata. Non possiamo entrare.”
“Perfetto. Rimangano dove sono e non tentino di entrare nel magazzino. La polizia sarà lì il più presto possibile. Ha visto questo Alex o ha altri indizi sulla sua presenza ?”
“Quando siamo arrivati abbiamo visto Alex di persona e ci abbiamo parlato, ma ora è scappato e non sappiamo dove sia, ne dove potrebbe essere Sofia. “
“Capisco. Questo è molto utile. Mantenga la linea aperta, e rimanga in comunicazione con me finché non arrivano gli agenti. Se nota qualcosa di sospetto o se la situazione cambia, mi informi immediatamente.”
“Sì, va bene. Grazie.”
Luca rimase in attesa, con il telefono in mano, il cuore che batteva forte mentre ogni minuto di attesa sembrava un’eternità. La voce dall’altro capo della linea gli offriva un barlume di sicurezza nella penombra che li avvolgeva.
“Stanno arrivando” annunciò una volta terminata la chiamata, guardando verso la strada buia.
La signora Reggiani annuì, cercando di nascondere la sua preoccupazione. “Speriamo che arrivino in tempo.”
Insieme, si allontanarono dalla porta incatenata, i loro passi risuonando nel silenzio della notte. L’attesa era carica di tensione e incertezza, mentre le ombre dell’Ex Grosoli sembravano avvolgerli in un abbraccio freddo e minaccioso.
Il tempo sembrava dilatarsi, ogni minuto un’eternità, finché finalmente i suoni di sirene in lontananza spezzarono il silenzio.
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luca