Ogni volta che entro in un calzaturificio, il primo ricordo che mi affiora alla mente è quello di quando, da ragazzino, accompagnavo mia madre al lavoro.
C’era un odore particolare nell’aria, pungente, quasi soffocante: l’odore del mastice. Per molti sarebbe stato sgradevole, ma per me era il profumo dell’artigianalità.
Un mix di nostalgia e curiosità che mi faceva spalancare gli occhi ogni volta che varcavo quella porta.
Il calzaturificio era un mondo a sé stante.

Le persone si muovevano coordinate come in una danza, ognuna impegnata nel proprio compito, ognuna parte di un processo che alla fine avrebbe dato vita a qualcosa di unico: una scarpa.
Sì, perché per chi non lo sa, ogni paio di scarpe che indossiamo è il frutto di un lavoro meticoloso, un susseguirsi di gesti ripetuti con cura e precisione.
Come un’orchestra in cui ogni strumento suona la sua parte, così anche in calzaturificio c’era chi tagliava la pelle, chi cuciva, chi incollava, seguendo la manovia elettrica che portava le scarpe in divenire da una stazione all’altra.

Ricordo di aver passato ore a guardare gli operai al lavoro, affascinato dalla loro abilità, dalla dedizione con cui eseguivano ogni movimento.
Ogni passaggio mi sembrava un piccolo miracolo: dalla pelle grezza al prodotto finito, pronto per essere indossato, pronto per camminare con qualcuno in giro per il mondo.
Era come vedere la trasformazione di qualcosa di grezzo in qualcosa di prezioso.
Quell’ambiente, quell’atmosfera di industriosità, ha plasmato il mio modo di vedere le cose.
Quando penso all’artigianalità, non penso solo alla precisione e alla cura del dettaglio, ma anche a quell’energia che si respirava in calzaturificio.
Era il sapere di star creando qualcosa di tangibile, qualcosa che avrebbe accompagnato qualcuno nella sua vita quotidiana.

E poi, c’era il rumore delle macchine, il ronzio della manovia che si muoveva lentamente, quasi ipnotica, come un battito cardiaco che scandiva il ritmo del lavoro.
Oggi, lavorando nel settore delle calzature, porto con me quei ricordi.
Cerco di trasmettere quell’idea di artigianalità e passione a chi mi circonda, perché anche se oggi molte cose sono cambiate, la vera anima di una scarpa, quel che la rende speciale, è rimasta la stessa:
è il lavoro di persone che ci mettono cuore e anima, che si dedicano con passione e che credono in ciò che fanno.
E quando annuso ancora oggi quell’odore di mastice, mi sembra di tornare a quei pomeriggi in calzaturificio, accanto a mia madre, a guardare incantato il miracolo della creazione.
Qualcosa che forse il futuro non saprà piu cos’è.
