Il carico mentale (invisibile) delle Donne e cosa sto imparando io, come Papà

Da quando sono diventato papà di due gemelle, ogni giorno mi accorgo di qualcosa che fino a poco tempo fa ignoravo:

il carico mentale.

Non è solo l’elenco delle cose da fare, è la voce nella testa che dice “non dimenticare”, “hai già avvisato”, “chi si occupa di…?”.

Mentre io ero immerso nel mio lavoro, tra numeri e progetti, dietro le quinte c’era Martina che, oltre al suo lavoro “ufficiale”, continuava a gestire un flusso infinito di pensieri, decisioni e piccole cose che nessuno vede, ma che tengono in piedi tutto.

Che cos’è il carico mentale

Questo concetto è stato studiato da tempo.

Una sociologa, Monique Haicault, lo definiva come quell’energia che serve prima ancora di agire: pensare, incastrare, anticipare.


Nel nostro contesto vuol dire che Martina non solo fa la spesa o carica la lavatrice, ma tiene già in mente visite, biberon, il bagnetto, il cambio della lavatrice, il compleanno di Allegra e Beatrice.

Questa anticipazione, questo “tenere insieme” il tutto, è quasi sempre invisibile e nondimeno pesante.

Come si manifesta quando la stanchezza cresce

Non è solo una questione di essere “un po’ stanchi”.

È più sottile e più profondo:

  • Il corpo sembra reggere, ma la mente non smette di fare turni extra.
  • Le relazioni si irrigidiscono: io chiedo “cosa vuoi che faccia ?”, ma lei magari vorrebbe solo essere ascoltata.
  • C’è quel senso di non aver fatto “abbastanza”, e di sentirsi comunque “in difetto”.

Ho vissuto un momento chiave quando, qualche mese fa, le ho detto: “Dimmi cosa devo fare”.

Credevo fosse un gesto d’amore invece riflettendoci con accuratezza oggi era la mia via d’uscita dal problema.

Riflettendo in questi giorni, capisco che stavo scaricando su di lei perfino il lavoro di darmi istruzioni.

E questo non aiuta nessuno.

Una nuova equazione di coppia

Da quando sono nate le nostre figlie, il rapporto tra me e Martina ha subito una trasformazione profonda quasi un’elevazione a potenza delle problematiche generate dalle nostre dinamiche.

Il tempo di qualità che avevamo, quello fatto di chiacchiere sul divano, di un film guardato fino ai titoli di coda o di una cena senza interruzioni, è passato da 100 a un intorno di zero.

Spesso oggi è difficile anche solo trovarsi vicini abbastanza per un bacio.

Ci incrociamo la notte come due turnisti di fabbrica: lei finisce, io inizio, e viceversa.

Le discussioni arrivano quando siamo entrambi stanchi, e non portano quasi mai nulla di buono.

È come se la fatica filtrasse le parole e le rendesse più taglienti.
A volte mi rendo conto che stiamo difendendo due punti di vista diversi, ma in realtà combattendo la stessa battaglia: sopravvivere alla stanchezza.


Non c’è manuale che ti insegni come continuare ad amarsi nel caos delle notti insonni e delle giornate infinite.

Ma c’è una certezza: se il tempo non si può moltiplicare, bisogna imparare a pesarlo diversamente.

Anche cinque minuti, se vissuti con presenza e gentilezza, possono valere quanto un weekend intero.

Strategie concrete che sto provando (e che possiamo provarci insieme)

  1. Prendere in carico senza chiedere istruzioni
    Non “dimmi cosa posso fare”, ma “mi occupo io di X”. Per esempio: io curo le scadenze mediche, lei può “solo” avere l’evento senza l’organizzazione.
    È un piccolo cambiamento nella forma che alleggerisce molto.
  2. Condividere strumenti concreti
    Usare una lista condivisa per spesa, medicine, visite. Non perché lei controllerà me, ma perché entrambi sappiamo “lo vediamo e agiamo”.
  3. Abbassare l’asticella della perfezione
    Casa perfetta ? No grazie. Casa viva ? Sì.
    Ho imparato che qualche calzino sparso o una cena improvvisata non rovinano nulla, ma avere qualcuno che non riesce più a respirare sì.
  4. Turni reali
    Non “aiuto un po’”, ma “sono di turno per X ore”. Di notte, bagnetti, cucina: chi è “in servizio” decide anche come lo fa. Questo mi sta aiutando a “staccare” quando non è il mio turno.
  5. Tempo per sé, davvero
    Faccio la promessa a me stesso e a Martina: ognuno mezzora al giorno per sé leggere, camminare, o anche solo stare in silenzio. Non è un lusso: è carburante.
  6. Delegare senza senso di colpa
    Spesa online, pasti pronti, aiuto dei nonni o degli amici: non è “arrendersi”, è prendersi cura di tutti. Anche tu puoi farlo se vedi che uno sta sotto.

Se sei Martina, sei Mamma (o sei accanto a una Mamma) e stai leggendo questo: non è necessario portare tutto da sola.
E se sei un papà come me: esserci non basta, serve esserci in modo diverso.

Il carico mentale non si vede, ma si sente e quando lo senti, è ora di parlare, condividere, suddividere.

Io, al momento non ho di fronte a me soluzioni definitive.

Ho impegno, volontà, e la consapevolezza che l’amore vero, quello che sopravvive ai pannolini e alle notti in bianco, è fatto di gesti quotidiani, di ascolto e di un “Noi” che, anche quando si perde per strada, sa sempre come ritrovarsi.

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