«Trump ha acceso il timer dei dazi reciproci»: la mia chiacchierata da bar su ciò che succede stanotte

“RECIPROCAL TARIFFS TAKE EFFECT AT MIDNIGHT TONIGHT!” ha urlato Trump su Truth Social poche ore fa, vantandosi che «miliardi di dollari… cominceranno a fluire negli USA» e puntando il dito contro «un’eventuale corte di sinistra» che, secondo lui, potrebbe sabotare tutto.

Stanotte, allo scoccare delle 00:01 a Washington (le 06:01 da noi), scatta la nuova ondata di dazi “reciproci”. In pratica, l’America fa pagare agli altri ciò che, secondo Trump, gli altri già fanno pagare agli americani.

Facile a dirsi, un po’ meno a capirsi: le aliquote vanno dal 15 % sull’Unione Europea fino al 50 % su Brasile e India, con punte folli del 145 % contro la Cina.

Perché Trump vuole queste tariffe?

Ho letto numerosi articoli (Reuters, Bloomberg, The Economist – tutti aggiornati fino al 7 agosto 2025) per capire le sue motivazioni:

Obiettivo di TrumpCosa significa per noi
Rimpatriare la fabbrica (“reshore”)Far tornare in America la produzione di auto, computer, ecc.
Proteggere le industrie USAEvitare che prodotti stranieri “schiaccino” i prezzi dei prodotti made‑in‑USA.
Riacquistare entrate fiscaliRaccolta di nuove tasse da importazioni per finanziare spese pubbliche.

In pratica, vuole che i soldi che finora “sfuggivano” all’America tornino sul suolo americano.

Per orientarmi in questo caos ho ripescato la vecchia teoria di Walter Cannon sullo stress: di fronte a una minaccia, qualsiasi organismo (noi compresi) reagisce con Fight, Flight, Freeze o Fawn – combatti, scappa, immobilizzati o fai la riverenza.

Lo studente di fisiologia Walter Cannon, più di 100 anni fa, descriveva quattro modi di reagire a uno stress: combattere, fuggire, congelare, eccessivo corteggiamento. E sorprendentemente, le nazioni e le aziende stanno rispondendo a queste tariffe proprio secondo quei quattro movimenti.


1. Fight (Combatti) – la Cina alza i pugni

Cosa è successo: Gli USA hanno aumentato le tariffe sui prodotti cinesi fino al 145 %. La Cina ha risposto elevando le proprie tariffe al 125 %.

Conseguenza: Il commercio tra le due superpotenze è quasi fermo. Immaginate una partita a scacchi in cui ogni mossa è un “tiro di pistola”.

Perché importa a noi: Molti smartphone, televisori e componenti elettronici (che usiamo tutti) sono costruiti in Cina. Con le tariffe così altissime, i prezzi al dettaglio salgono, oppure le aziende cercano di spostare la produzione altrove.

2. Flight (Scappa) – Brasile e India cercano altre strade

  • Chi è “in fuga”: Brasile, India e, più in generale, i paesi BRICS.
  • Cosa fanno: Cercano di vendere i loro prodotti in Africa, Medio Oriente e Asia, dove le tariffe americane sono più basse.
  • Esempio reale: L’India ha lanciato un “Piano Export 2030” per spostare la sua produzione di agricoltura e tessuti verso la zona del Golfo Persico.
  • Effetto su di noi: Se le importazioni brasiliane di caffè o carne aumentano di prezzo, potremmo vedere il prezzo del “caffè brasiliano” al supermercato che sale del 10‑15 %.

3. Freeze (Blocca tutto) – l’UE congela la reazione

BCosa è accaduto: L’UE ha avuto difficoltà a decidere come rispondere. Per un po’ ha “tenuto il respiro” (freeze), cercando di negoziare una soluzione diplomatica.

Il risultato finale: Un accordo “di compromesso” con una tariffa media del 15 % su molti prodotti europei.

Perché importa: Molti dei nostri prodotti quotidiani (vino, formaggi, automobili tedesche) provengono dall’Europa. Una tariffa del 15 % si traduce in un aumento di prezzo di pochi euro per bottiglia di vino o per la casa di un’auto.

La neutrale Svizzera, colta di sorpresa da un 39 %, ha mandato in fretta la presidente Keller-Sutter a Washington, ma finora è tornata a mani quasi vuote.

4. Fawn (Compiacere) – le multinazionali si inchinano

Chi sta facendo il “fawn”: Giganti come Apple.

La loro risposta: Annunciano investimenti da 100 miliardi di dollari per costruire chip e altri componenti negli USA, così da evitare le tariffe.

Effetto per noi: Se Apple produce più negli USA, il “premio di patriottismo” può ridurre il prezzo di alcuni iPhone rispetto a quello che sarebbe altrimenti (con tariffe da 100 %). Tuttavia, la logistica più costosa potrebbe far lievemente aumentare altri prodotti Apple.

Trump ha promesso che chi produce chip e smartphone in patria «non pagherà dazio», mentre per chi resta all’estero minaccia un balzello del 100 %.

Cosa ci importa nel quotidiano?

  1. Prezzi sul bancone 
    • il laptop che l’anno scorso potresti aver comprato a 1 200 $ potrebbe costare ora 1 350 $ se le sue parti provengono dalla Cina.
    • Il caffè brasiliano, il formaggio francese, il vino italiano… tutti con un “sovrapprezzo” di qualche percentuale.
  2. Lavoro 
    • Alcune fabbriche automobilistiche hanno riaperto negli USA per sfruttare le nuove tariffe (più soldi per i lavoratori, ma anche più concorrenza).
    • D’altra parte, le imprese più piccole (es. agricoltori del Midwest) temono di perdere mercati di esportazione se i loro prodotti diventano più cari all’estero.
  3. Scelta dei fornitori 
    • Le aziende che vendono online cercano fornitori “made‑in‑USA” per eludere le tariffe. I prodotti “Made in USA” potrebbero diventare più comuni, ma non sempre più economici.
  4. Fiscalità 
    Le nuove tariffe rappresentano una nuova fonte di entrate federali. Alcuni analisti (Wall Street Journal, 7 agosto 2025) stimano che il governo possa raccogliere circa 30 miliardi di dollari in più entro la fine dell’anno, destinati a infrastrutture e difesa.

5. La mia opinione personale (che spero vi faccia riflettere)

Sono convinto che le tariffe siano una “dieta” per l’economia americana.

Come quando decidiamo di tagliare i dolci per perdere peso, il governo vuole “dimagrire” dal deficit commerciale e guadagnare “calorie fiscali”.

  • Pro:
    • Potrebbe generare posti di lavoro nelle industrie tradizionali (acciaio, autoveicoli).
    • Raccoglie soldi extra per investire in infrastrutture (strade, reti 5G).
  • Contro:
    • L’aumento dei prezzi colpisce direttamente le famiglie a basso reddito, che spendono una percentuale più alta del budget per cibo e beni di prima necessità.
    • La retaliatory retaliation (ritorsioni) può trasformare il commercio in una “guerra di costi” che rallenta la crescita globale.
    • Le aziende più piccole potrebbero non avere i mezzi per “corteggiare” Washington e finire per chiudere.

6. Cosa possiamo fare (come consumatori consapevoli)

  1. Controllare le etichette – Se il prodotto è “Made in USA”, probabilmente è meno colpito dalle tariffe, ma potrebbe comunque costare di più a causa dei costi di produzione.
  2. Diversificare gli acquisti – Non dipendere da un solo fornitore o paese. Se il prezzo del caffè brasiliano sale, provate il caffè colombiano o etiope.
  3. Supportare le piccole imprese locali – Spesso queste imprese non hanno bisogno di importare e quindi le tariffe non influiscono su di loro.
  4. Rimanere informati – Seguire fonti affidabili (BBC, Reuters, Il Sole 24 Ore). Se in futuro il governo annuncia nuove tariffe, avrete già un’idea di cosa potrebbe cambiare.

La mia conclusione da papà ignorante

Siamo dentro a una partita a Risiko dove ogni lancio di dado è un tweet (o un post su Truth ) di Trump.

Fa scena, fa rumore, ma sul tabellone restano pedine: lavoratori, famiglie, piccole imprese.

Io, che non sono un economista, mi pongo due domande semplici:

  1. Chi pagherà davvero il conto ? Spoiler: siamo noi consumatori, alla cassa del supermercato.
  2. Esiste un piano B ? Per l’Italia, forse diversificare fornitori e puntare su prodotti ad alto valore aggiunto (cibo, moda, tecnologie verdi) che il mondo ci invidia ancora.

Stasera i dazi scatteranno come un’autovelox: invisibili finché non arriva la multa.

Domani mattina, quando andrete a prendere il caffè, pensateci: quell’espresso potrebbe costare un centesimo in più perché da qualche parte del globo qualcuno ha deciso di alzare un muro doganale.

E i muri, lo sappiamo, raramente portano prosperità.

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