Urgente. Se potessi Bandire una parola per sempre, senza possibilità di appello, senza eccezioni, la mia scelta sarebbe proprio “urgente“.
Viviamo in un’epoca in cui tutto sembra essere “urgente”.

Riceviamo email contrassegnate come urgenti, telefonate che richiedono attenzione immediata e richieste di lavoro da completare “per ieri“.
Ma cosa significa realmente “urgente” ?
E soprattutto, l’abuso di questa parola nell’ambito lavorativo sta svuotando il suo vero significato ?
L’inflazione dell’urgenza
La parola “urgente” dovrebbe riferirsi a qualcosa che richiede una pronta soluzione o un immediato interessamento.
Dal Treccani:

Nel contesto lavorativo moderno, è diventata una sorta di passe-partout per attirare attenzione, spesso senza una reale necessità.
Questo abuso non solo crea un ambiente di lavoro stressante, ma porta anche a una sorta di “inflazione dell’urgenza“, dove tutto è urgente e, di conseguenza, nulla lo è veramente.
Se tutto è urgente, come si può capire cosa lo è davvero?
Quando ogni compito viene etichettato come urgente, diventa difficile distinguere le vere priorità. Questo può portare a una gestione inefficace del tempo e delle risorse.
Una soluzione pratica è l’utilizzo della Matrice di Eisenhower, uno strumento che aiuta a classificare le attività in base alla loro urgenza e importanza
La matrice si divide in quattro quadranti:
- Importante e urgente: attività da affrontare immediatamente.
- Importante ma non urgente: attività da pianificare nel tempo.
- Urgente ma non importante: attività da delegare, se possibile.
- Non urgente e non importante: attività da eliminare o posticipare.
Applicando questo metodo, è possibile focalizzarsi su ciò che conta davvero, riducendo lo stress e aumentando l’efficienza.

Il rischio dell’abuso
L’uso eccessivo della parola “urgente” può portare a una sorta di effetto del falso allarme, come nella favola di “Al lupo ! Al lupo !“: quando tutto è etichettato come urgente, le persone iniziano a ignorare le reali emergenze.

Abusare di termini come “urgente” può far sì che, nel momento in cui si presenta una vera urgenza, questa venga sottovalutata
Come mitigare il problema
Per ridurre l’uso improprio della parola “Urgente”, è essenziale creare una cultura della prioritizzazione e della gestione del tempo più efficace. Alcuni suggerimenti pratici includono:
- Definire criteri chiari per determinare cosa sia realmente urgente e comunicarli a tutto il team.
- Utilizzare strumenti di gestione delle attività, come la Matrice di Eisenhower o software di project management, per assegnare priorità corrette.
- Educare alla pianificazione, promuovendo una mentalità in cui la prevenzione e l’organizzazione riducono le urgenze artificiali.
- Limitare l’uso della parola “Urgente”, riservandola solo per situazioni che necessitano un’azione immediata e non procrastinabile.
Solo con un cambio di mentalità e strumenti adeguati possiamo riportare la parola “Urgente” al suo vero significato e migliorare la qualità della vita lavorativa e personale.

Conclusione
Bandire la parola “Urgente” potrebbe sembrare estremo, ma riflettere sul suo uso eccessivo è fondamentale.
Riserveremo questo termine per situazioni che richiedono realmente un’azione immediata, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più equilibrato e produttivo.
E tu, quale parola elimineresti dal tuo vocabolario quotidiano ?
Opero nel campo di soccorso e trasporti d’urgenza, non riesco a concepire quelli che urlano l’immediata urgenza rimproverandoci costantemente del nostro ritardo… Anche se ci impieghiamo 5minuti o 10minuti o 15minuti su distanze chilometriche veniamo sempre rimproverati per il ritardo, anche se avessimo avuto un elicottero il tempo di decollare e atterrare saremmo accusati… Un mondo che 2minuti del loro tempo sono valutate 2ore e il tuo zero… Lo stress costante il mancato teletrasporto il rimprovero costante … Mi chiedo ma dove siamo finiti?
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Grazie Dino per la tua testimonianza, che vale più di mille analisi teoriche.
Il tuo racconto mostra con lucidità quanto l’abuso della parola urgente possa diventare tossico, anche e soprattutto in contesti dove l’urgenza è reale e la posta in gioco è la vita delle persone.
Il paradosso che descrivi è potente ( e un po lo capisco perchè per alcuni anni da ragazzo sono stato volontario in Croce Verde ): chi lavora nel pronto intervento, nei soccorsi, nel trasporto sanitario dovrebbe essere l’unico ad avere il diritto di usare la parola “urgenza”… eppure è spesso il primo a subire pretese irragionevoli e lamentele fuori luogo. Come se 2 minuti di attesa valessero più di ore di preparazione competenza e sicurezza.
Questo dimostra che non si tratta solo di organizzazione aziendale, ma di cultura collettiva. Se pretendiamo il “teletrasporto” dai professionisti, è perché abbiamo perso il senso della misura e del rispetto.
È proprio da qui che dovremmo ripartire: dalla consapevolezza che il tempo degli altri è prezioso quanto il nostro.
Grazie davvero per il tuo lavoro. E per questo commento.
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