Quando avevo cinque anni, volevo fare il benzinaio

“I bambini non sono mai a corto di sogni. Siamo noi adulti a rimanere senza immaginazione.”
Neil Gaiman

Non ricordo se fosse estate o inverno, ma ho ben chiaro il rumore del tappo del serbatoio e quell’odore pungente, inconfondibile. Avevo cinque anni e ogni volta che passavamo dal distributore con mia madre, restavo incantato a guardare il benzinaio come fosse un supereroe. Altro che astronauti o calciatori. Io volevo fare il benzinaio.

Col senno di poi, forse era tutta colpa della manovia elettrica del calzaturificio dove lavorava mia mamma: vedevo uomini e donne muoversi con precisione, mani che facevano, creavano, e io avevo già chiaro che volevo un lavoro “vero”, concreto, fatto di gesti pieni di senso.

Ma oggi quel sogno sa di naftalina.

Non solo perché io, oggi, faccio tutt’altro ma perché il benzinaio, come figura, sta scomparendo davvero.

E questa cosa mi fa riflettere.

Impulso di scrittura giornaliero
Quando avevi cinque anni, cosa volevi fare da grande?

1. Da mestiere mitico a icona in via d’estinzione

Oggi, trovare un benzinaio “umano” è quasi un colpo di fortuna.

Le stazioni sono diventate automatizzate, silenziose, efficienti… ma senza anima.

Paghi con la carta, scegli il numero della pompa, e via. Niente “faccio il pieno ?”, niente parabrezza pulito, niente chiacchiera da due minuti.

Mi rendo conto che quel mestiere che ammiravo da bambino non esiste più per com’era. È rimasto qualcosa nel nome, ma il cuore di quel lavoro — il contatto, il servizio, il movimento — si è perso per strada.


2. L’elettrico cambia tutto ( e non solo le auto )

Il futuro ? È già qui.

L’auto elettrica non richiede più di passare da un distributore.
Si carica a casa, nel proprio box, durante la notte. Oppure al lavoro, o al supermercato.
Senza nemmeno pensarci troppo.

E così, anche il concetto stesso di “fare benzina” svanisce.

Stiamo andando verso un mondo senza stazioni di servizio, senza quegli spazi che erano diventati quasi dei rifugi temporanei, delle piccole oasi tra un punto e l’altro della nostra giornata.

Un mondo dove tutto è più comodo, ma forse anche un po’ più impersonale.


3. I sogni cambiano, ma lasciano tracce

Quel sogno di fare il benzinaio, oggi, mi fa sorridere.

Ma a ben vedere, qualcosa di quel desiderio è rimasto.
Perché in fondo volevo essere parte del viaggio degli altri, anche solo per un momento.
Volevo vedere persone andare e venire, essere un punto di passaggio, dare una mano, far parte del flusso.

E anche oggi — dietro uno schermo, davanti a un gestionale, o quando scrivo su questo blog — un po’ lo faccio ancora.
Condivido qualcosa, metto un po’ di carburante emotivo nelle giornate di chi legge, e poi lo lascio andare.


4. Che cosa sarà estinto domani?

Se penso che un lavoro così concreto, così necessario, possa sparire nel giro di una generazione, allora mi chiedo:
cosa di ciò che oggi diamo per scontato scomparirà domani ?
Che mestiere farà mia figlia ( anzi, le mie due figlie ) tra trent’anni, in un mondo dove magari nemmeno esisteranno più i pedali nelle bici ?

Ecco, se c’è una lezione che mi porto dietro da questo piccolo sogno infantile è questa:


i mestieri cambiano, i sogni si evolvono, ma l’energia che ci muove resta la stessa.

Quella voglia di esserci. Di servire a qualcosa.

Di fare la nostra parte nel grande movimento della vita.


“La tecnologia cambia il mondo. I sogni cambiano noi.”
Yuval Noah Harari

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di Tentri Tentri ha detto:

    E sti cazzi?

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  2. Avatar di molisehorizon molisehorizon ha detto:

    ahah, benzinaio forse no! Pizzaiolo forse si

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